Debora Rancati è laureata in Lingua e letteratura inglese all’Università di Pavia, con una tesi sulle Lettere di Dorothy Osborne a Sir William Temple, sulla scrittura femminile nel periodo della guerra civile inglese. Dal 1997 lavora in campo editoriale, occupandosi in particolar modo dei classici. Si è occupata della revisione e dell’editing di opere di Jane Austen, James Joyce, William Shakespeare, John Donne, Virginia Woolf, Charles Dickens, William B. Yeats, Henry James, Franz Kafka, Friedrich Schiller, Friedrich Hölderlin Joseph Roth, Tolstoj, Dostoevskij, Gabriele D’Annunzio, Ugo Foscolo, Italo Svevo. Si è cimentata nella traduzione di brevi saggi letterari di Northrop Frye, Phyllis Bentley, Richard Ellmann e Tony Tanner. Oggi lavora per lo studio editoriale Pym.
Ciao Debora, spiegaci nel dettaglio il tuo lavoro.
Il mio lavoro consiste principalmente nel leggere un testo una prima volta prestando particolare attenzione agli aspetti contenutistici e stilistici del testo e ricercando anche, ma meno nello specifico, i refusi tipografici. Nel caso si tratti di traduzioni da una lingua straniera, la lettura viene effettuata confrontandola con il testo originale. Una volta terminata la prima lettura ed evidenziati tutti i problemi: refusi, modifiche di contenuto o di stile, si contatta l’autore e/o il curatore e il traduttore al quale vengono sottoposti i problemi e le eventuali proposte di cambiamento. In questa prima fase, di solito, soprattutto nel caso di traduzioni, si lavora non sul testo già impaginato, ma sul documento word.
Il testo viene quindi mandato alla fotocomposizione dove viene impaginato secondo la gabbia standard per ogni collana e vengono inserite tutte le correzioni. Il pdf che ne risulta viene mandato per un ulteriore controllo anche agli autori/curatori/traduttori.
Il pdf viene letto una seconda volta per controllare che tutto abbia senso e, a questo punto della lavorazione, si presta particolare attenzione anche ai refusi tipografici. In questa seconda fase si controlla attentamente anche l’impaginato: righini in testa, pagine zoppe, corpi minori, corsivi…
Quando tutto è al posto giusto, il testo viene caricato a sistema in formato pdf e inviato alla stampa.
Ogni casa editrice è a sé e abbiamo imparato a capire che esistono diversi termini per indicare il lavoro sul testo in relazione alla traduzione: revisione, editing, correzione di bozze. Qual è la differenza tra le tre. Cosa ti senti di consigliare a chi volesse intraprendere una simile strada per orientarsi nel mutevole vocabolario delle case editrici?
Per quanto mi riguarda, ho sempre inteso la differenza tra questi tre termini nel modo seguente:
REVISIONE: rientra nell’ambito della traduzione e comporta il puntiglioso riscontro tra testo originale e testo tradotto allo scopo di verificare che il senso e, nel limite del possibile trattandosi comunque di una trasposizione, ritmo e aspetti formali e retorici vengano rispettati.
EDITING: è la lettura redazionale del testo sia a livello contenutistico che stilistico. Lo scopo è quello di migliorare, se necessario, il testo, sempre rispettando però le scelte personali e stilistiche dell’autore, nel caso di un’opera prima, o il significato dell’opera, nel caso di una traduzione. È, a mio avviso, la fase più impegnativa del lavoro perché richiede molta discrezione e sensibilità da parte dell’editor che deve lavorare nel rispetto delle scelte altrui.
CORREZIONE BOZZE: si tratta di una lettura finalizzata alla ricerca dei refusi tipografici. Nel caso il correttore di bozze può anche segnalare eventuali problemi contenutistici e/o stilistici, ma la decisione ultima spetta al redattore/editor. Questa figura sta però scomparendo e tutto il lavoro viene fatto dal redattore/editor.
L’importante è sempre concordare con esattezza, senza paura di chiedere dettagliate spiegazioni, il tipo di lavoro che viene richiesto e quali sono le modalità di esecuzione specifiche di quella casa editrice. L’ideale è richiedere sempre le norme redazionali della casa.
Quali sono gli errori più frequenti che trovi nelle traduzioni?
Gli errori che riscontro principalmente sono di due tipi e sono complementari tra loro, uno per difetto e l’altro per eccesso:
a) alcuni traduttori tendono a essere troppo liberi nel tradurre. Di solito questo accade quando sono gli scrittori a cimentarsi nella traduzione. Alcuni inevitabilmente dimenticano che l’opera non è la loro e traducono pensando più al proprio stile che a quello dell’autore. A volte interpretano più che attenersi al testo, con il rischio che la traduzione risulta troppo libera e il traduttore prevale a discapito dell’autore. Il testo perde la propria univocità, la propria essenza caratteristica.
b) capita anche di trovarsi di fronte a traduttori che, per timore di allontanarsi dal testo, ne fanno una traduzione troppo letterale a discapito della forma italiana. In questo caso bisognerebbe saper distinguere quando è l’autore a voler creare una certa indeterminatezza o anche un certo disagio nel lettore e quando invece si tratta di una difficoltà tecnica nel riuscire a rendere un determinato senso in una lingua diversa. Ma non è sempre così semplice.
Che tipo di approccio hai alle traduzioni altrui?
Mi sforzo sempre di mantenere un certo distacco e di rispettare le scelte altrui. A volte capita di lasciarsi prendere e pensare “ma io avrei fatto in un altro modo”. Allora devo tornare indietro e ricordare che non l’ho tradotto io.
Come ti relazioni con gli autori e con i traduttori? Quale consiglio daresti al traduttore che si trova a lavorare con un revisore del suo testo? E al revisore?
Mi relaziono sempre con il massimo rispetto per le loro scelte, limitando le mie ingerenze solo quando lo ritengo necessario. Capita a volte che per amor di chiarezza magari li assilli con parecchi dubbi e proposte, ma alla fine rispetto sempre le loro decisioni. Ne discutiamo insieme alla ricerca della soluzione migliore per la buona riuscita del lavoro.
Al traduttore consiglierei di pretendere sempre di vedere le modifiche che vengono apportate alla propria traduzione e di discuterne appunto con il revisore; al revisore di non imporre mai le proprie scelte, a meno che non si sia di fronte a un errore palese. Confrontarsi è sempre la cosa migliore.
Raccontaci il tuo esordio come revisore di testi tradotti.
Ho iniziato a lavorare grazie a uno stage offerto da una casa editrice. Uno dei miei primi lavori è stato quello di risolvere una diatriba tra traduttrice e curatrice del racconto Il giro di vite di James. C’erano alcuni punti su cui non si trovavano d’accordo e io dovevo decidere quale soluzione fosse la migliore, logicamente facendo riferimento al testo originale. Non mi ricordo chi ebbe la meglio, ma sono diventata amica della curatrice.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Prima di tutto la possibilità di leggere e scoprire dei veri e propri capolavori che magari da sola per pregiudizio o pigrizia non avrei mai affrontato. Poi sicuramente la possibilità di conoscere e confrontarmi con persone molto capaci e interessanti.
Come ti aggiorni?
Leggo, cerco notizie sul web.
Cosa ti piace di meno del tuo lavoro?
Di certo la frenesia dei tempi sempre più corti e assillanti, che a volte non permettono un lavoro veramente accurato. Poi ti possono capitare anche lavori molto noiosi. Ma fa parte del gioco. Anche a livello economico, c’è stata una forte svalutazione delle competenze che questo tipo di lavoro richiede e ciò non fa certo piacere.
Su cosa stai lavorando?
Al momento sto lavorando all’editing della traduzione di un romanzo medievale in versi. Impegnativo ma intrigante.
Una risposta su “Intervista a Debora Rancati: tradurre, correggere, rivedere”
Salve, sono una studentessa in Lingue e sto scrivendo la mia tesi di laurea su Dorothy Osborne e le scritture epistolari femminili. Volevo Chiedere alla Signora Rancati se poteva darmi qualche consiglio su come avere il libro “An audience of one” di Carrie Hintz,”Read my heart” di Jane Dunn e se ci sono traduzioni delle lettere di Dorothy Osborne in italiano. In attesa di una vostra risposta vi porgo i miei più cari e distinti saluti. Grazie. Lilia