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approfondimenti e interviste

Intervista a Paola Quarantelli, redattrice di Lindau

Ciao Paola, prima di tutto ti chiederei di riassumere brevemente la tua esperienza in campo editoriale.

Ho cominciato a lavorare in casa editrice subito dopo la laurea all’inizio degli anni ’90. Dopo due anni mi sono presa parecchio tempo per le maternità e poi ho ripreso dal 2000. Ho sempre lavorato nella casa editrice «di famiglia» ed è questa la ragione che mi ha permesso di andare e venire con una certa disinvoltura. Mi sono sempre occupata di lavori di redazione.

Hai frequentato anche un corso di traduzione editoriale. In che modo questo ti ha aiutata ad affrontare il lavoro di revisione delle traduzioni altrui?
In primo luogo si è trattato di un corso piuttosto impegnativo, che mi ha in parte “distratto” dal lavoro per circa 7 mesi e che mi ha dato un quadro veramente approfondito della traduzione editoriale, della sua storia, delle sue eccellenze e delle sue specializzazioni. Misurarsi con la traduzione a quei livelli non può che insegnare tante cose, talvolta anche critiche, nel senso che se ne scoprono gli scogli e le trappole. Ovviamente mi ha aiutato a rispettare di più questo lavoro e le sue difficoltà (per quanto avessi già maneggiato molte traduzioni) e a riconoscere con maggiore sicurezza chi fa un buon lavoro e chi no. In realtà sono diventata più rigida e intransigente: proprio perché comprendo meglio quanto lavoro ci sia dietro un testo tradotto, non accetto una traduzione vistosamente buttata lì. in fondo è anche un modo per rispettare chi, invece, il lavoro lo fa bene.

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Secondo la tua esperienza, quali sono gli errori più frequenti di chi si propone per la prima volta come traduttore a una casa editrice?
Certe volte si vuole impressionare l’interlocutore e ci si propone in maniera originale, cosa che a me risulta un po’ fastidiosa senza denotare in modo davvero positivo. Talvolta si forniscono informazioni poco utili, ma la cosa che mi colpisce negativamente di più è quella di un curriculum un po’ «leggero», con titoli di studio e specializzazioni di poco valore che tuttavia si ritengono utili a dimostrare una qualche competenza. Credo che oggi non si possa aspirare a ottenere nessun lavoro senza avere fatto studi specifici e di un certo livello, se si vuole essere davvero ascoltati e presi in considerazione. Quindi bisogna fare un certo percorso, soprattutto se si vuole farsi largo in certi ambienti. Quando leggo di percorsi universitari, master di un certo tipo, corsi di specializzazione o seminari come quelli delle varie fiere del libro o delle Giornate della Traduzione di Urbino, le mie antenne si drizzano, anche perché alcuni prevedono la selezione dei partecipanti e conosco il livello della loro formazione, e allora comincio a prendere in considerazione anche il resto. Un altro errore che mi infastidisce è ricevere una mail scritta in un italiano sciatto o con degli errori di battitura: se non si è in grado di scrivere bene tre righe, si potrà consegnare un lavoro di qualità?

Assegnazione di una traduzione, revisione, editing, correzione di bozze… Come funzionano questi passaggi in una piccola casa editrice?
Si tratta di lavori tutti di competenza della redazione, che possono tuttavia essere articolati in modo diverso. Lindau è una realtà medio-piccola che si è data un’organizzazione interna con un capo-redattore e alcuni redattori. Il capo-redattore si occupa di alcuni problemi come l’assegnazione delle traduzioni, la gestione delle tipografie e in generale del lavoro di stampa e rilegatura, la programmazione delle lavorazioni dei libri e delle uscite, ma poi segue alcuni libri come tutti gli altri
redattori. In Lindau ciascun redattore prende in carico i libri a lui assegnati dal momento in cui i materiali arrivano in casa editrice fino a quello della stampa. Questo vuol dire che la stessa persona si occupa dell’impaginazione, della revisione, dell’editing e della correzione di bozze, e quindi legge e rivede ogni testo molte e molte volte. In altre realtà editoriali, invece, ci sono varie figure che si occupano di
ciascuno di questi lavori, e quindi ci sono impaginatori e grafici, revisori, correttori di bozze. Il libro passa allora sotto diversi occhi e mani.

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Altrove i materiali vengono passati ad agenzie editoriali o redattori esterni che conoscono le caratteristiche della collana e le regole dell’editore e che riconsegnano il libro pronto per la stampa, lasciando alla casa editrice solo la parte di controllo e verifica.

Ogni tipologia organizzativa ha i suoi pro e i suoi contro, anche se quella che prevede figure diverse ha da sempre caratterizzato il lavoro di redazione. Il metodo Lindau può sembrare rischioso visto che, a parte un ultimo controllo fatto da un altro redattore, tutto è demandato al filtro di una sola persona. Lindau peraltro pubblica circa 80-90 novità all’anno (più un ciclo continuo di ristampe) e quindi il lavoro è piuttosto frenetico, con tempi piuttosto stretti. Personalmente trovo che questo sistema abbia anche i suoi vantaggi, perché occuparmi di ciascun libro in modo pressoché esclusivo, curando l’impaginazione, effettuando riletture ripetute e il controllo dei dati (nomi, date, riferimenti), il fatto di ripassarlo mille volte attraverso diversi filtri consente di conoscere a fondo il testo, più di quanto avviene quando ci si occupa di un solo aspetto del testo. Naturalmente al redattore vengono richiesti una notevole elasticità e maggiore attenzione. Qualunque sia l’organizzazione, la possibilità di lasciare qualche refuso è piuttosto alta e capita che riaprendo il volume stampato a distanza di tempo salti subito all’occhio un errore.
Quando il libro è una traduzione, il redattore di Lindau può cominciare a lavorare sulla versione word fornita dal traduttore (magari in modalità revisione), manda le bozze al traduttore perché risponda ai dubbi e alle proposte di correzione del redattore; poi rilegge la nuova versione del testo, per verificare che il testo funzioni e tutte le correzioni siano state riportate, può rimandare un altro giro di bozze al traduttore o rivedere i passi che risultano ancora problematici, e chiude la revisione con un’altra lettura. A questo punto, se non ha già impaginato, deve mettere in pagina il testo nel formato e con le caratteristiche della collana e prepara il file per la stampa.

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Quando revisioni una traduzione cerchi il dialogo con il traduttore o tendi a mandargli solo le bozze impaginate e corrette per un’ultima lettura prima della stampa?
Il contratto di traduzione prevede che ci siano anche due giri di bozze fra revisore e traduttore. Quando questo avviene, si tratta di un dialogo molto interessante, che aiuta a capire e lavorare davvero bene su un testo e un autore. Ma può anche darsi che la mancanza di tempo non consenta questo scambio.

A me personalmente è capitato di non fare nessun giro di bozze con il traduttore sia perché la traduzione era ottima e non avevo riscontrato che pochi refusi o difetti poco significativi, sia perché al contrario avevo dovuto fare un pesante lavoro di correzione e non avevo più tempo per lasciare in lettura il testo (avendo anche l’idea che se c’erano tante cose che non funzionavano, potevo contare poco sul contributo del traduttore). In realtà preferisco confrontarmi con il traduttore perché, quando si instaura una bella collaborazione, il lavoro dà molte soddisfazioni e il risultato è migliore.

Qual è il libro da te revisionato a cui sei più affezionata e perché?
Per la verità tendo a lavorare con una certa intensità su ogni libro e quindi alla fine lo conosco come le mie tasche. In effetti però un libro mediocre o una traduzione sciatta non mi prendono così tanto e se anche cerco di farli al meglio, non vedo l’ora di liberarmene. Direi che lavorare sulla narrativa mi piace di più, perché è un lavoro molto più ricco di sfumature rispetto a un saggio, per quanto bello, e il lavoro che si fa sulla lingua, sui registri, sui dialoghi, sullo stile e sul tono è molto più raffinato. Se devo proprio indicare il mio preferito, forse è Mi ricordo di Joe Brainard. A parte il lavoro che abbiamo fatto sulla traduzione, è proprio il libro che mi ha davvero emozionato e coinvolto.

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Ti è mai capitato di rifiutare una traduzione perché svolta in modo inaccettabile? Cosa succede in questi casi?
Non ho mai rifiutato una traduzione, ma ho detto: “Mai più con questo traduttore!” Di recente mi è stato consigliato un traduttore e quindi gli ho chiesto se gli interessava tradurre un libro per noi e se aveva voglia di fare una prova di traduzione. Lui ha accettato con entusiasmo e mi ha mandato un capitolo di una sua traduzione (spero inedita!). Quando l’ho letta e ho fatto un riscontro sull’originale (forse non pensava che me lo sarei procurato), ho constatato che era abbastanza incomprensibile (in un modo che non dipendeva dal testo originale), era lacunosa e piena di calchi. Visto che mi pareva strano che mi avesse consegnato un tale disastro, l’ho fatta vedere a un’altra persona, che ha confermato le mie impressioni. Per togliermi ogni dubbio (mi pareva così strano che una persona degna di fiducia avesse preso una tale cantonata consigliandomi quel traduttore), gli ho chiesto di tradurre 8 pagine del libro che ci interessava: lui non ha risposto per qualche giorno e poi mi ha detto un po’ scocciato che non capiva come mai non mi fosse bastata la traduzione che mi aveva mandato e che avrei dovuto pagare la nuova prova 18 euro a cartella. A questo punto i dubbi erano svaniti, gli ho elencato tutti i problemi che avevo riscontrato e l’ho congedato per sempre.

Quali errori ti trovi a dover correggere più spesso nelle traduzioni che vi vengono consegnate?
Forse un italiano un po’ troppo fedele all’originale, tanto da risultare pesante e incomprensibile nei casi più gravi o semplicemente poco efficace e scorrevole in quelli meno problematici. Per esempio ci sono espressioni della lingua originale che non possono essere riportate tali e quali in italiano, devono trovare una resa che funzioni nella nostra lingua senza tuttavia stravolgere il senso o allontanarsi troppo.

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Pensi che ci sia ancora spazio per giovani traduttori, oppure le case editrici si affidano soltanto a persone che conoscono già?
Da qualche anno la situazione si è fatta più difficile: se i libri hanno sempre fatto un po’ fatica, la crisi economica e il fascino del mondo digitale e dei social hanno diminuito il bacino dei lettori italiani. In ogni caso traduzioni se ne faranno sempre, così come ci saranno opportunità per bravi traduttori. Iniziare può non essere facile e talvolta ci vuole un po’ di fortuna, ma chi davvero ama questo lavoro, secondo me, deve prima di tutto preoccuparsi di costruirsi delle competenze solide e articolate attraverso studi universitari e master e corsi di specializzazione riconosciuti e leggendo tanto, tanto, tanto. Lindau ha i suoi traduttori, ma ci capita anche di cercare nuovi interlocutori quando abbiamo un maggiore numero di libri da tradurre o ci avviciniamo per la prima volta alla produzione di una certa lingua.

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