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Intervista a Stefania Marinoni: tradurre è mettersi al servizio di un testo

marinoni(intervista di Serena Rossi)

Il tuo inizio nel mondo della traduzione coincide con l’inizio della collaborazione con la casa editrice gran vía edizioni: raccontaci questo incipit

Ho iniziato traducendo alcuni saggi di filosofia per una casa editrice universitaria. Allora non pensavo che sarei diventata una traduttrice, stavo finendo gli studi di filosofia. Dopo la laurea ho deciso di fare un master in traduzione letteraria all’Università di Siena, e dato che il master prevedeva uno stage in una casa editrice, io mi sono rivolta a gran vía. È cominciata così. Durante lo stage ho fatto revisioni, correzione di bozze, letture, scouting… e alla fine è arrivata la prova di traduzione!

Hai mai avuto modo di confrontarti con l’autore dei libri che hai tradotto?

Sì, in tre casi, compreso con Juan Pablo Villalobos, l’autore del primo libro che ho tradotto per gran vía. È una cosa utilissima perché ti permette di chiarire i dubbi di traduzione, ma anche di sapere quali sono le aspettative dell’autore nei confronti di quel libro e della tua traduzione. Ho conosciuto di persona un autore che ho tradotto per Bompiani, però non ho avuto occasione di parlargli che per due minuti. Invece Hernán Ronsino, un altro autore che ho tradotto, è stato a Roma l’8 e il 9 dicembre a presentare il libro alla fiera Più Libri Più Liberi. Ci eravamo già sentiti più volte via e-mail, ma è stata la prima volta in cui ho potuto confrontarmi di persona con un “mio” autore!

1Perciò consiglieresti questa buona abitudine, quando possibile? Che mezzo hai scelto per confrontarti con gli autori?

So che a volte alcune case editrici non forniscono al traduttore il contatto dell’autore, preferendo fare loro da “filtro”. È chiaro che non bisogna abusare del tempo dell’autore, però secondo me un confronto diretto è utilissimo, e quindi sì: consiglio a tutti, se possibile, di seguire questa pratica. Nella mia esperienza, gli autori sono sempre stati molto disponibili; li contatto via e-mail, generalmente una prima volta solo per informarli che sto traducendo il loro testo e poi alla fine della traduzione, per confrontarmi con loro su eventuali dubbi.

Quali step segui durante il processo di traduzione? Da cosa parti, che strumenti di approfondimento utilizzi  e come la controlli una volta ultimata?

Di solito prima di iniziare la traduzione vera e propria leggo tutto il libro e, se è disponibile, almeno un’altra opera dell’autore in lingua originale o già tradotta in italiano, per farmi un’idea dello stile. Questo ovviamente, se i tempi di consegna me lo consentono. Poi passo alla traduzione vera e propria, con una prima stesura molto accurata in cui concentro quasi tutto il lavoro di ricerca delle espressioni che non conosco, cercando di produrre già un testo, se non pubblicabile, almeno decente. Come dico sempre, sono una da “buona la prima”: mi è difficile sistemare a posteriori una prima stesura affrettata. Poi passo alla fase di revisione in cui faccio un controllo sull’originale e contemporaneamente sistemo le frasi che non mi convincono, faccio ulteriori ricerche sui dizionari, chiedo aiuto a colleghi ecc… Infine, lettura di tutto il testo ad alta voce (che generalmente mi rende afona).

2In cosa consiste la passione per il tuo lavoro?

Per me tradurre significa mettermi al servizio di un testo, far sì che possa raggiungere (quasi intatto) un pubblico più ampio. Ho un carattere abbastanza esuberante, tendo a parlare sempre senza ascoltare gli altri. Tradurre, ascoltare il testo, è un modo per ristabilire l’equilibrio; farmi un po’ da parte e lasciar parlare gli altri. Detto questo, credo che la componente autoriale di una traduzione sia fondamentale e, anzi, il traduttore deve diventare ogni volta un autore diverso.

Sei parte del team di Senzaudio: ci racconti di cosa si tratta e cosa fai?

Senzaudio è un blog dedicato all’editoria in cui la parte del leone l’hanno sempre fatta le recensioni di libri, principalmente di editori indipendenti ma non solo. Quest’autunno il blog si è dato un’organizzazione nuova e mi è stato chiesto di curare una sezione dedicata alla traduzione editoriale. Io ho accettato molto volentieri e ho deciso di strutturare questo spazio in rubriche in cui ospito interviste e articoli di traduttori e editor che si occupano prevalentemente di generi diversi dalla narrativa, spesso erroneamente considerati “minori”. C’è poi una rubrica dedicata al mondo dell’editoria e in particolare al ruolo che il traduttore occupa all’interno di essa.

Da pochissimo è uscita la tua ultima fatica, La sfilata dell’amore di Sergio Pitol. Quali sfide traduttive hai dovuto affrontare? C’è stato qualche passaggio piuttosto complesso che ti ha messo alla prova? Come lo hai risolto?

Pitol è un autore che amo molto perché riesce a scrivere dei testi bellissimi senza ricorrere a uno stile particolarmente sofisticato. Quindi passaggi complessi non direi, piuttosto la vera difficoltà dei suoi testi sta negli infiniti rimandi interni, il che è abbastanza ovvio trattandosi di una sorta di noir. Forse è un tipo difficoltà maggiore rispetto a quella puramente linguistica perché richiede un’attenzione costante durante tutto il processo di traduzione. Mi ha aiutato il fatto di conoscere bene l’autore e aver già letto più volte il romanzo nel corso degli anni, come dicevo è un autore che amo molto. Il merito, poi, va anche alla revisora del testo, che mi ha aiutato in questa ricerca dei rimandi interni. Speriamo di aver fatto un buon lavoro: ai lettori l’ardua sentenza!

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